Perché le merendine in promozione costano meno: quello che i produttori non vogliono farti sapere sulle etichette

Quando percorriamo il corridoio delle offerte speciali al supermercato, attratti dai cartelloni rossi che promettono sconti irresistibili sulle merendine, raramente ci soffermiamo a leggere con attenzione cosa stiamo realmente acquistando. Eppure, proprio quelle confezioni in promozione nascondono spesso una delle insidie più sottili del marketing alimentare: denominazioni di vendita studiate per confondere piuttosto che informare.

Quando il nome non dice la verità

La denominazione di vendita rappresenta l’elemento fondamentale che dovrebbe comunicarci immediatamente la natura di un prodotto alimentare. Si tratta di un’informazione obbligatoria per legge, stabilita dal Regolamento UE 1169/2011 sull’etichettatura alimentare e pensata per tutelare il nostro diritto a scelte consapevoli. Tuttavia, nel settore delle merendine promozionate, questa regola viene spesso aggirata attraverso formulazioni creative che sfruttano le zone grigie della normativa.

Avrete sicuramente notato espressioni come “snack al gusto di cioccolato” oppure “merendina con preparazione alla frutta”. Queste diciture, apparentemente innocue, celano una realtà ben diversa da quella che la nostra mente si aspetta. Un prodotto “al gusto di” non contiene necessariamente l’ingrediente principale che il nome evoca, ma potrebbe limitarsi ad aromi e additivi che ne riproducono il sapore.

La differenza che fa la differenza

Comprendere le sfumature linguistiche utilizzate nelle denominazioni diventa essenziale per non cadere in trappola. Esiste un abisso qualitativo tra una “torta con crema al latte” e una “torta con crema al gusto di latte”. Nel primo caso ci aspettiamo latte vero tra gli ingredienti della crema; nel secondo, potremmo trovare solo aromi, addensanti e grassi vegetali che ne simulano il sapore.

Le merendine in offerta rappresentano il terreno fertile per queste ambiguità. I produttori, per contenere i costi e proporre prezzi competitivi, sostituiscono ingredienti di qualità con alternative economiche, mascherando questa scelta dietro denominazioni di vendita obbligatorie per legge ma sostanzialmente fuorvianti. Termini come “preparazione” indicano un composto che potrebbe contenere percentuali minime dell’ingrediente principale, mentre “gusto di” segnala la presenza di aromi piuttosto che ingredienti autentici. Anche “tipo” suggerisce una somiglianza con un prodotto tradizionale senza garantirne la composizione, e “specialità” resta un termine generico che non fornisce informazioni sulla natura reale del prodotto.

Perché le offerte amplificano il problema

I prodotti in promozione subiscono pressioni commerciali particolari. Per mantenere margini di profitto accettabili nonostante il prezzo ridotto, alcuni produttori ricorrono a formulazioni meno costose, utilizzando surrogati e ingredienti di categoria inferiore. La denominazione ambigua diventa quindi lo strumento per non dichiarare esplicitamente questo downgrade qualitativo.

Un altro fenomeno preoccupante riguarda le merendine apparentemente identiche vendute con marchi diversi ma prodotte nello stesso stabilimento. Quelle destinate alla grande distribuzione e alle promozioni presentano spesso denominazioni più vaghe rispetto alle versioni premium, proprio perché la ricetta è stata modificata per ridurre i costi di produzione. Diverse indagini di associazioni di consumatori hanno evidenziato come i prodotti a marchio del distributore, pur essendo realizzati negli stessi stabilimenti dei brand leader, presentino spesso ricette differenti con ingredienti meno costosi.

Come difendersi con strategie pratiche

La prima linea di difesa consiste nell’allenare lo sguardo critico. Quando la denominazione contiene parole sospette, l’analisi dell’elenco ingredienti diventa indispensabile. Cercate la percentuale effettiva dell’ingrediente che vi aspettate: se una merendina si chiama “snack alla nocciola” ma le nocciole compaiono in percentuali inferiori al 5%, state acquistando principalmente altro.

Attenzione particolare merita la posizione degli ingredienti nell’elenco. Essendo ordinati per quantità decrescente, se l’ingrediente principale evocato dal nome compare in fondo alla lista, la denominazione sta probabilmente mascherando una composizione povera di quel componente. Altri segnali d’allarme includono denominazioni eccessivamente lunghe che aggiungono molti qualificativi, l’utilizzo di termini in lingua straniera per confondere, l’assenza di riferimenti chiari alla categoria merceologica, e immagini sulla confezione che mostrano ingredienti non presenti in quantità significative.

L’importanza della consapevolezza collettiva

Ogni volta che accettiamo passivamente una denominazione ambigua, stiamo inviando un messaggio al mercato: possiamo essere ingannati senza conseguenze. Al contrario, consumatori informati e attenti generano un circolo virtuoso che spinge i produttori verso maggiore trasparenza. La convenienza economica delle offerte non dovrebbe mai tradursi in un compromesso sulla chiarezza informativa.

Abbiamo il diritto di conoscere esattamente cosa stiamo acquistando, soprattutto quando si tratta di prodotti destinati ai più giovani, che rappresentano i principali consumatori di merendine. Sviluppare questa sensibilità richiede tempo e pratica, ma i benefici superano ampiamente lo sforzo iniziale. Un carrello riempito con consapevolezza contiene prodotti che rispettano davvero le nostre aspettative, trasformando l’apparente risparmio in un reale vantaggio per la salute e il portafoglio. La prossima volta che una confezione in offerta catturerà la vostra attenzione, dedicate trenta secondi alla lettura della denominazione: potrebbero essere i secondi più preziosi della vostra spesa.

Quando compri merendine in offerta leggi la denominazione di vendita?
Sempre prima di acquistare
Solo se ho dubbi
Mai ci faccio caso
Leggo solo gli ingredienti
Non so cosa sia

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